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Pittore

Pompeo Borra


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Pompeo Borra

( Milano 1898 - 1973 )

Pittore

    Pompeo Borra

    Pompeo Borra nasce a Milano in un’umile famiglia nel 1898. Frequenta l’Istituto tecnico e poi si iscrive all’Accademia di Brera, senza terminare però il percorso di studi che continua in parte da autodidatta. Nel 1916 parte come volontario nella Prima guerra mondiale e viene congedato tre anni dopo. 

    Tra primitivo e tardo medioevo: dall’arte arcaica a Giotto

    Al termine del conflitto si diffondono in Italia gli stilemi del Ritorno all’ordine e il linguaggio del pittore sembra iscriversi perfettamente in questo clima, nonostante non farà mai ufficialmente parte del Gruppo Novecento guidato da Margherita Sarfatti.

    La prima produzione è infatti caratterizzata da una pittura primitivista con figure severe e ieratiche che rievocano la statuaria arcaica. Questi stilemi sono testimoniati dalle opere esposte alla Biennale di Venezia del 1924 All’aperto e Composizione (le amiche). Stesso linguaggio arcaizzante, con atmosfere rarefatte e metafisiche, contraddistingue l’opera La figlia del pescatore esposta nello stesso anno a Milano alla Galleria Pesaro in occasione dell’Esposizione dei Venti artisti italiani. Torna alla Biennale di Venezia nel 1926 con Gente povera, e nel 1928 con Contadinella

    Le opere degli anni Venti sono però caratterizzate da una tavolozza scura, mentre all’inizio degli anni Trenta opera un cambiamento cromatico virando su tonalità più chiare e brillanti. I volumi restano sempre possenti mantenendo la purezza compositiva dell’arte tardomedievale italiana. Nel 1932 prende parte nuovamente alla Biennale di Venezia con Maruzza, Vendemmiante, Vallata della Sarca, Verso Garda e Riuc; mentre alla Seconda Quadriennale di Roma del 1935 presenta Donna in riva al mare e Invocazione.

    Il viaggio a Parigi e il fascino per l’espressionismo matissiano

    Nel 1936 parte alla volta di Parigi e il suo linguaggio cambia ulteriormente, inizia ad utilizzare accostamenti tonali espressivi, impiegando colori primari puri, senza abbandonare l’equilibrio protorinascimentale. La volumetria masaccesca e giottesca lascia però gradualmente il posto alle forme bidimensionali ispirate dall’espressionismo di Henri Matisse. Dalla seconda metà degli anni Trenta utilizza sempre di più gialli, blu, rossi, arancioni e verdi, creando contrasti cromatici stridenti.

    Nel 1937 viene organizzata una personale nella quale sono esposte opere in cui non si denota ancora l’influenza matissiana poiché eseguite tra il 1934 e il 1936. Troviamo infatti diversi paesaggi come Anacapri, Capri, Casa di Capri, Pompei, Sorelle, Capri, il Golfo delle Sirene, e l’Annunciazione che rievoca le tradizionali composizioni trecentesche e quattrocentesche.

    Le nuove suggestioni portano l’artista a sperimentare anche creazioni che virano all’astratto come Composizione, guazzo esposto nel 1939 alla Galleria Il Milione di Milano insieme a Composizione di nudi, guazzo, Ritratto di donna in verde e Testa di giovinetta.

    Sul finire degli anni Trenta l’artista dichiara apertamente la sua posizione antifascista che gli costa un arresto e un confino per due anni. Il secondo conflitto mondiale rappresenta per il pittore uno spartiacque, dedicandosi a ritrarre con i suoi colori espressionisti e acuti le figure emarginate della società. Per tutti gli anni Sessanta e Settanta ripete costantemente le figure e i volti femminili in diverse varianti in cui gioca un ruolo fondamentale il colore primario che contrasta in modo stridente con gli altri colori scelti. Negli anni Cinquanta si dedica anche alla scrittura e alla pubblicazione della monografia su Piero della Francesca; e diviene professore all’Accademia di Brera, di cui assume il ruolo di direttore nel 1970. Scompare a Milano nel 1973.

     

    Emanuela Di Vivona

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