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Pittore

Leonardo Gavagnin


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Leonardo Gavagnin

( Venezia 1809 - 1887 )

Pittore

    Leonardo Gavagnin

    Più noto per la sua attività di decoratore tra la fine degli anni quaranta e il decennio successivo, quando lo ritroviamo impegnato a Venezia in Palazzo Giovanelli, nell’ appartamento dell’ arciduca Massimiliano a Palazzo Reale e nel Teatro La Fenice (G. Pavanello, Il Gran Teatro La Fenice “in tutto lo splendore della sua appariscente bellezza”, in Il Teatro La Fenice, a cura di M. Brusatin, G. Pavanello, Venezia 1987, pp. 220.221; G. Pavanello, La decorazione dei palazzi veneziani negli anni del dominio austriaco (1814-1866), in il Veneto e l’ Austria.

    Vita e cultura artistica nelle città venete 1814-1866, catalogo della mostra di Verona a cura di S. Marinelli, G. Mazzariol,  F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 269,270), Leonardo Gavagnin, la cui produzione attende ancora studi approfonditi, fu in realtà un pittore prolifico e versatile, impegnato con successo  anche sul versante di altri generi, come la pittura di storia, quella sacra e il ritratto (si veda la documentata voce biografica di M. Pregnolato in La pittura nel Veneto.

    L’ Ottocento II, a cura di G. Pavanello, Milano 2003, p. 733-734). Allievo, a partire dal 1827,  dell’ Accademia di Belle Arti di Venezia, si affermò proprio nell’ ambito del genere storico, dove trattò diversi temi, soprattutto legati alle vicende dell’ antica Repubblica di Venezia e dei suoi eroi, come ne Il ritorno di Marco Polo del 1847-1848, conservato al Museo Correr, e Caterina Cornaro invitata a cedere il Regno di Cipro eseguito nel 1851 per il barone Giacomo Treves, il maggiore collezionista veneziano di quegli anni.

    Il presente dipinto, che rappresenta una importante contributo al suo catalogo, va ricollegato invece al suo interesse per la storia contemporanea ed in particolare ai soggetti, allora molto rappresentati in tutta Europa, ma particolarmente in Francia e in Italia, relativi alle recenti lotte combattute dal popolo greco per l’ indipendenza dal feroce dominio dell’ Impero Ottomano. Questi eventi, destinati ad appassionare attraverso i numerosi resoconti apparsi sulla stampa dell’ epoca e una fitta pubblicistica l’ opinione pubblica internazionale, lasciarono il loro segno soprattutto in pittura.

    Pensiamo solo in Francia ai capolavori di Eugène Delacroix, come le Scene dai Massacri di Scio del 1822 e La Grecia sulle rovine di Missolungi del 1826, o di Ary Scheffer, come le Donne di Suli del 1827, e in Italia di Francesco Hayez che trionfò all’ esposizione di Brera del 1831 con uno dei suoi più celebri quadri storici Gli abitanti di Parga che abbandonanno la loro patria eseguito per il conte Paolo Tosio di Brescia. Questo tema, poi trattato dallo stesso Hayez altre volte, verrà ripreso proprio da Gavagnin che nel 1842 esordì con i Profughi di Parga realizzato per il conte Girolamo Sugana di Treviso, per poi proporre nel 1843 L’ imbarco dei profughi di Parga destinato al patriota ed imprenditore veneziano Giuseppe Maria De Reali e presentato con successo sia all’ esposizione di Brera a Milano che a quella dell’ Accademia di Venezia.
    Gavagnin, come un altro pittore di storia allora attivo sulla scena veneziana Ludovico Lipparini, seguì Hayez, che soprattutto nel corso degli anni trenta oltre al dipinto citato aveva trattato diversi altri temi relativi alla storia greca moderna (si veda F. Mazzocca, Francesco Hayez. Catalogo ragionato, Milano 1994), nella proposta di un repertorio “filellenico”. Sono infatti documentati altri dipinti del genere, come nel 1844 Alì Pascià di Jannina che infuria sopra Erminia sua sposa, perché chiamò sopra il di lui capo il sangue de’ Sulioti, acquistato dal pittore Natale Schiavoni e, tema anche questo già affrontato da Hayez e da Lipparini, Una barca di Greci in fuga da Patrasso, esposto a Venezia nel 1846 e oggi conservato nella Pinacoteca Nazionale di Atene (Risorgimento greco e filellenismo italiano.

    Lotte, cultura, arte, catalogo della mostra di Roma a cura di C. Spetsieri Beschi, Roma 1986, p. 301). Insieme a quest’opera, il nostro dipinto, inedito, è l’ unico sopravvissuto di questa produzione e conferma la  vocazione per il genere  di  Gavagnin che ha saputo rendere il soggetto in termini davvero coinvolgenti e appassionati, traducendolo in una epica scena corale, con un impianto che più che Hayez e Lipparini ricorda Pierre Révoil, in particolare il grande disegno Triomphe du labarum di cui ha lo stesso impianto nella disposizione delle figure attorno al protagonista al centro che, in entrambe le rappresentazioni, regge lo stendardo con in alto la croce (La Grèce en revolte.

    Delacroix et le peintres français 1815-1848, catalogo della mostra di Bordeaux, Parigi e Atene a cura di C. Costans, M. Lambraki-Plaka e A. Sérullaz, Parigi 1996, pp. 186-187). Non siamo ancora in grado di decifrare l’ episodio che vede come figura principale un’ eroina, una delle tante donne che, come sappiamo, hanno avuto un ruolo decisivo in quelle vicende. Pensiamo alle infelici donne di Suli o di Missolungi molto rappresentate dai pittori (N. Athanassoglou-Kallmyer, French images from the Greek War of Independence 1821-1830.

    Art and Politcs under the Restoration, New Haven e Londra 1989, pp. 80-81, 104-105) o a L’héroïne grecque immortalata nel 1829 da Nicolas Gosse in un dipinto inciso da Jean-Pierre-Marie Jazet (La Grèc en revolte cit., pp. 222-223). Essa stringe  con la  mano destra una   scimitarra ricurva ed appare  abbigliata in modo simile alla protagonista del nostro dipinto.

    Non è da escludere che, come Hayez, anche Gavagnin si sia servito come fonte e materiale di confronto delle innumerevoli stampe su quelle vicende circolanti in tutta Europa. Sicuramente ha utillizzato i libri di viaggio illustrati o i repertori di costume per rendere l’ambiente e gli abiti pittoreschi, in un tipo di pittura che sconfinava dal genere storico nell’ orientalismo.

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