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Pittore

Hayez Francesco


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Hayez Francesco

( Venezia 1791 - Milano 1882 )

Pittore

    Hayez Francesco

    Quotazioni di Francesco Hayez

    Gli oli su tela di Francesco Hayez sono quotati tra i 15.000 euro e i 60.000 euro a seconda del soggetto e della dimensione. I grandi capolavori romantici oltrepassano agevolmente i 100.000 euro. Gli acquerelli hanno invece quotazioni dai 1.500 euro ai 12.000 euro in media.

    Queste stime sono indicative. Il valore di un’opera, soprattutto per un autore complesso come Hayez, è influenzato da molte variabili come il soggetto, la tecnica e le dimensioni. Consigliamo quindi di inviarci una foto della vostra opera per ricevere gratuitamente una stima personalizzata.

    Biografia

    Francesco Hayez nasce a Venezia nel 1791 in una famiglia molto umile, che lo affida ad uno zio antiquario. Quest’ultimo, notando le doti del giovane, lo introduce negli ambienti artistici e nello studio di Francesco Fedeli detto il Maggiotto. Frequenta anche la gipsoteca di Palazzo Farsetti dove avviene il primo approccio con la statuaria classica.

    Il colorismo veneto e lo studio del vero nel disegno

    Nel 1803 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove studia in particolar modo Tiziano e i pittori veneti del Quattrocento. Formandosi in questo ambiente il colore acquista un ruolo fondamentale nella sua concezione pittorica. Il disegno infatti avrà una rilevanza minore rispetto alla tradizione toscana, ma sarà comunque fondamentale, specialmente nel processo creativo delle sue opere. Infatti l’artista disegna dal vero per studiare movimenti, gestualità ed espressioni delle figure, per poi lasciare spazio al suo estro creativo, soprattutto negli anni futuri.

    Nel frattempo intraprende dei viaggi a Rovigo, Siena, Firenze e Bologna prima di vincere il pensionato artistico a Roma.

    L’arrivo a Roma e gli esordi neoclassici

    Gli anni romani sono fondamentali per il pittore. Si reca quotidianamente nello studio di Antonio Canova che diventa uno dei suoi più grandi sostenitori e frequenta l’Accademia di Palazzo Venezia. Inoltre stringe legami con Tommaso Minardi e Pelagio Palagi con cui collaborerà negli anni a venire. Nella città eterna ha l’opportunità di studiare le stanze vaticane di Raffaello, ma soprattutto può osservare da vicino la statuaria romana in tutte le sue espressioni. Durante questi anni invia diversi lavori ai concorsi, come l’Educazione di Achille all’Accademia di Napoli; o il Laocoonte al concorso dell’Accademia braidense, sotto incoraggiamento di Canova, con il quale vince il primo premio. Con queste opere si afferma come pittore di storia, differenziandosi per la drammaticità della scena e i toni meno impostati della pittura accademica.

    L’artista inizia ad ottenere le prime commissioni ed affresca con il già citato Pelagio Palagi una galleria a Palazzo Torlonia nel 1813, anno in cui espone a Venezia Rinaldo e Armida, lavoro che documenta l’iniziale spirito romantico e la trattazione del tema letterario, ma ancora inserito nel linguaggio neoclassico.

    La storia medievale come allegoria della contemporaneità: il Romanticismo

    Si reca poi a Firenze, inviato da Canova, e a Napoli, nominato pensionato di Murat. Nel 1817 rientra a Venezia dove riceve numerosi incarichi, tra cui esegue opere per Cigognara, presidente dell’Accademia veneziana, e decora la Sala del Generale Consiglio nel Palazzo Reale. Partecipa anche ai lavori di restauro degli affreschi di Tintoretto nel Palazzo Ducale di Venezia. La città natale e pittori veneziani saranno onnipresenti nella sua produzione, nel suo cromatismo e nella scelta dei soggetti, riconoscendosi come successore del grande Tiziano.

    Nel 1819 espone a Brera l’opera riconosciuta dalla critica come il primo dipinto romantico, Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, che viene richiesto da diversi esponenti dell’aristocrazia milanese. Per la prima volta il soggetto non viene scelto dalla mitologia o dalla storia classica, ma da quella medievale. Con l’episodio di Pietro Rossi richiamato dal Doge di Venezia per difende la città invasa dagli Scaligeri, l’artista si riferisce alla situazione di dominio estero sul territorio italiano nella sua contemporaneità, essendo anche stato testimone da piccolo della caduta dell’antica Repubblica. È la prima volta che l’exemplus virtutis non viene tratto dal passato classico, ma dalla storia più recente.

    Nel 1822 espone I vespri siciliani, altro esempio tratto dalla storia medievale con significati celati. Infatti I Vespri raccontano la rivolta popolare contro la dominazione degli Angioini francesi del 1282, allusione sempre al dominio straniero sulla penisola. L’artista è in grado di coniugare sapientemente gli ideali del “vero” e del “bello” al servizio degli ideali patriottici. Collabora inoltre nuovamente con Palagi nella decorazione della Sala della Lanterna a Palazzo Reale a Milano.

    L’artista si trasferisce proprio nella città lombarda nel 1823 e in pochi anni diviene il pittore romantico più celebre e ricercato. Prende parte a numerose esposizioni a Brera presentando L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta, Pietro l’eremita e La Maddalena penitente. Si occupa anche di ritrattistica ricevendo commissioni dall’Imperatore Ferdinando I d’Austria. Lavora inoltre alla realizzazione delle illustrazioni per l’Ivanhoe di Walter Scott, trasformate in incisioni su rame nel 1840.

    Il vate della nazione: lo spirito risorgimentale

    Nel 1850 partecipa all’Esposizione di Torino con Ciociara e lo stesso anno ottiene l’incarico di professore all’Accademia di Brera. Cinque anni dopo ne diviene direttore, e poi Presidente, sostituendo Massimo D’Azeglio. Nel 1857 prende parte all’esposizione di Torino con Lo zio di Caterina Cornaro, inviato della Repubblica veneta, la mostra la bandiera del leone di S. Marco, già signora del regno di Cipro. Nel 1859 espone a Brera una delle sue opere più celebri, Il bacio, appena tre mesi dopo dell’entrata a Milano di Vittorio Emanuele II e del suo alleato Napoleone III contro le truppe austriache. Sono anni di grande fermento rivoluzionario e attraverso i suoi lavori l’artista invia dei messaggi velati e silenziosi, ma di un’energia sovversiva. Infatti i due giovani sono vestiti secondo la moda medievale, ma con elementi contemporanei, come il famoso cappello con piuma indossato dai patrioti nella lotta contro lo straniero. L’artista rappresenta infatti l’attimo di commiato tra i due innamorati durante le guerre di indipendenza, e un’ombra alle loro spalle che li pedina fa intendere la prossima fuga. Insieme ad Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi, Francesco Hayez viene considerato tra i Padri del Risorgimento e del genio nazionale. Di Manzoni realizza anche un ritratto nel contesto familiare della sua casa nel 1841.

    Nel 1872 partecipa all’Esposizione di Milano con otto lavori I consoli di Milano e l’inviato di Federico Barbarossa, Ritratto di sé stesso, Ritratto del sig. Morosini, Vittore Pisano liberato dal carcere dagli Arsenalotti, Busto di Doge, Marco Visconti trova Bice nel castello di Rosate, Gli ultimi momenti di Marino Faliero e Ritratto a mezza figura dell’autore. In questa rassegna presenta soggetti di carattere letterario tratti ad esempio da Marco Visconti, romanzo di Tommaso Grossi, o di argomento storico, con Vittore Pisano e Marino Faliero, affrontando il trionfo della giustizia popolare sul potere.

    Continua ad esporre fino al 1881 quando presenta Un vaso di fiori sulla finestra di un harem. Si spegne l’anno seguente, a novant’uno anni. 

    Emanuela Di Vivona

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