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Pittore

Bernardo Celentano


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Bernardo Celentano

( Napoli 1835 - Roma 1863 )

Pittore

    Bernardo Celentano

    Il ritratto, genere molto frequente nella pittura italiana del XIX secolo soprattutto in ambito napoletano, ritorna a più riprese nella ricerca pittorica di Bernardo Celentano, uno dei massimi interpreti del verismo storico di concezione morelliana, che sin dagli anni della sua prima formazione prese a schizzare visi umani in quanto utile strumento per addestrarsi nella pittura dal vero nonché efficace espediente per le sperimentazioni luministiche.

    La ritrattistica gli dava modo di affinare la sua capacità di descrivere con precisione la fisiognomica delle figure umane, tra l’altro fondamentale per rappresentare con verosimiglianza i protagonisti dei suoi dipinti di carattere storico, verso cui erano orientante le sue preferenze.

    Secondo una prassi ricorrente tra i pittori di formazione partenopea, i modelli venivano scelti preferibilmente tra cari amici, artisti coevi e soprattutto membri della propria famiglia che posarono per Celentano sin dal 1852 quando iniziò a realizzare i primi ritratti ad olio, alcuni dei quali furono premiati con medaglia d’oro alla Mostra Borbonica del 1855.

    Un valido esempio di questa prima serie di ritratti ci viene offerto dall’opera in questione appartenuta alla collezione del medico Gustavo Eller Vainicher, autore di alcuni articoli di carattere scientifico scritti per la “Rivista italiana di stomatologia” nonché del piccolo opuscolo Cristofaro Colombo dipinto dal Tiziano dato alle stampe nel 1916.

    Il fratello maggiore di Bernardo è qui presentato a mezzo busto e di tre quarti, con la mano destra alzata e lievemente appoggiata sulla spalla mentre volge verso l’osservatore i suoi intensi occhi azzurri. La posa è simile a quella tenuta dalla sorella Maria in un ritratto databile sempre agli anni ’50 e segnalato da Michele Biancale nella sua monografia sull’artista napoletano pubblicata nel 1936 (pp. 68, 117, tav. XXXVI).

    Il viso di Luigi, caratterizzato dalle vivaci labbra rosse della bocca socchiusa, è definito nella sua tornitura grazie all’utilizzo di un deciso fascio di luce artificiale che, scendendo da sinistra, lo fa emergere plasticamente dai toni prevalentemente scuri del resto della composizione.

    Come gli altri ritratti di questo periodo, l’effigiato è inserito in un contesto neutro, privo di qualsiasi elemento decorativo o riferimento narrativo, stagliandosi contro uno sfondo nero, memore della tradizione fiamminga assimilata attraverso gli esempi offerti dal salernitano Gaetano Forte.

    Il solido plasticismo della figura e i forti contrasti chiaroscurali denunciano altre sì l’interesse per la lezione luministica di Caravaggio e dei maestri del Seicento che Celentano aveva scoperto durante il suo alunnato presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli. Su ciò si innesta la conoscenza della ritrattistica francese ed in particolare di Paul Delaroche mediata però dalla lezione dell’amico Domenico Morelli, immortalato dallo stesso Celentano nel 1859 in uno dei più bei capolavori ritrattistici del Secondo Ottocento (Milano, Collezione Trinca).

    La componente realista, che tenderà via via ad accentuarsi nei lavori degli ultimi anni, è evidente nella vigorosa caratterizzazione del personaggio, raggiunta grazie ad un’attenta analisi dei tratti fisionomici e dell’espressività del volto che mette in risalto la personalità fiera e forte di Luigi.

    Lo stesso realismo si può riscontrare nella descrizione analitica dell’elegante mantello verde dove l’artista indugia sulla resa delle pieghe del tessuto, caratteristica particolarmente ricorrente nelle opere di Celentano che le studiò sempre con grande attenzione cercando di renderle aderenti ai corpi dei personaggi effigiati.

     

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