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Enrico Prampolini


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Enrico Prampolini

( Modena 1894 - Roma 1956 )

Pittore

    Enrico Prampolini

    Quotazioni di Enrico Prampolini

    Le opere del primo Futurismo di Enrico Prampolini hanno quotazioni che oscillano tra i 15.000 euro e i 50.000 euro. 

    I dipinti eseguiti dopo la seconda guerra mondiale, opere polimateriche, vanno dai 10.000 ai 25.000 euro. I bozzetti per scenografie, presenti sul mercato, hanno stime tra i 400 e i 2.500 euro.

    Biografia

    Enrico Prampolini nasce a Modena nel 1894, ma si trasferisce a Roma per frequentare nel 1912 l’Accademia di Belle Arti, dove ha come maestro Duilio Cambellotti. I suoi primi lavori si iscrivono quindi in ambiente simbolista come testimonia l’acquerello Abracadabra e le illustrazioni realizzate per le riviste “L’Artista Moderno” e “Primavera”. Fin dagli anni giovanili scrive articoli per riviste su teatro, musica ed arte. Dal 1913 entra invece in contatto con l’ambiente futurista e pubblica una riflessione teorica sull’arte dal titolo La cromofonia e il valore degli spostamenti atmosferici.

    Un futurismo dalle influenze Dada

    L’esordio futurista avviene l’anno seguente alla Galleria Sprovieri di Roma e le prime opere risentono del dinamismo plastico di Umberto Boccioni e della poetica di Giacomo Balla. Nel 1916 a Roma conosce Tristan Tzara e collabora con il fondatore del Dadaismo in alcune occasioni, esponendo nel 1917 anche alla Galerie Dada di Zurigo. Fonda una sua rivista “Noi” in cui è libero di pubblicare diverse riflessioni teoriche di sua mano o di altri artisti. Inizia inoltre a lavorare come scenografo, costumista e autore teatrale, attività che lo impegnerà per diversi anni. Nella seconda metà degli anni Dieci esegue la scenografia per il film Thais di Anton Giulio Bragaglia e realizza i costumi per La vita dell’uomo di Leonid Andreieff andato in scena nel 1917 al Teatro Argentina di Roma.

    Disegna anche elementi d’arredo che espone in una personale tenuta alla Casa d’Arte Italiana, galleria da lui fondata insieme a Mario Recchi. 

    Il culto della macchina e il Manifesto dell’Arte meccanica

    Negli anni Venti la sua produzione si orienta verso la ricerca purista del secondo Cubismo e del Neoplasticismo olandese e il suo interesse si direziona verso l’arte meccanica. Sarà infatti tra i firmatari insieme a Vinicio Paladini e Ivo Pannaggi del Manifesto dell’Arte meccanica. I lavori di questo periodo sono quindi una fusione tra gli stilemi futuristi e quelli Dada: un intersecarsi di forme e sagome a rappresentare lo spirito interno della macchina, sotto l’influenza Dada delle figure di Hans Arp.

    A metà degli anni Venti si trasferisci a Parigi e risiederà lì per circa un decennio, esponendo in diverse rassegne francesi, ma anche italiane.

    Nel 1926 partecipa alla Biennale di Venezia con diciassette opere tra cui Venezia – Sintesi cromatica, Ritmi di velocità, Il Costruttore, Danza meccanica, Mussolini – Sintesi plastica, Arabesco musicale, La grande gara del fuoco.

    L’anno successivo viene invitato alla Mostra dei trentaquattro pittori futuristi con nove lavori tra i quali troviamo Danza meccanica, Forma e spazio in movimento, Sintesi di Marinetti, Danza del football e Mussolini architettonico. Nel 1929 prende parte alla Mostra del Trentatre pittori futuristi con Architettura spaziale, Ritratto della pittrice e scrittrice futurista Benedetta Marinetti – Architettura delle atmosfere spirituali, Architettura meccanica e Architettura femminile. In questi anni compare anche tra i firmatari di alcuni manifesti come il Manifesto dell’architettura futurista del 1926 e quello sull’Aeropittura del 1929.

    Una versione cosmica dell’Aeropittura

    Enrico Prampolini si confronta quindi anche con l’Aeropittura, ma negli anni Trenta ne offre un’interpretazione differente dotandola di note cosmiche e spaziali. Questa fase prende il nome di “idealismo cosmico”. Ne dà prova alla Biennale di Venezia del 1930 in cui è presente con ventiquattro opere tra le quali troviamo Paesaggio femminile, Astronomia d’immagini, Il plastico magico, Sintesi di Napoli, Il palombaro delle nuvole e Itinerario plastico.

    Nel 1931 gli viene dedicata una grandissima personale alla Mostra futurista di Aeropittura e Scenografia in cui espone sessantotto opere tra bozzetti per scenografie come Saggio di coreoplastica per il balletto futurista Cocktail di F. T. Marinetti e Silvio Mix – Rappresentato al Teatro della Madeleine di Parigi, e dipinti dalle immagini fantastiche e fluttuanti come Nomenclatura aereopittorica – Lancio d’elica e Nomenclatura aereopittorica – Linea di volo.

    Gli ultimi anni e la ricerca non-figurativa

    Negli anni Quaranta torna a Roma e continua a sperimentare opere polimateriche di cui scrive una codifica teorica nel testo Arte polimaterica (verso un’arte collettiva?) pubblicato nel 1944. Già nel 1935 aveva presentato alla Seconda Quadriennale di Roma opere polimateriche come Apparizioni aerodinamiche, polimaterico, Umanità aerodinamica, polimaterico e Magia della stratosfera, polimaterico. Nel 1945 fonda l’Art Club di Roma, che diviene luogo di ritrovo artistico ed espositivo. Sul finire degli anni Quaranta viene affascinato dal post-cubismo picassiano e inizia così la sua indagine non-figurativa che lo conduce poi nel decennio successivo ad agire nel campo dell’Arte Concreta e dell’Informale. Viene invitato a numerose edizioni della Biennale di Venezia: nel 1950 espone Tensioni astratte, Ritmi costruttivi e Organismi spaziali; nel 1954 presenta Linee-forza nello spazio, Astrazione di un’esistenza, Organismo plastico, Ritmi spaziali e Irradiazioni cosmiche.

    Il 16 giugno del 1956 è presente all’inaugurazione della Biennale, l’ultima a cui prende parte con l’opera Catena cosmica. Il giorno dopo si spegne a Roma, a sessantadue anni.

    Emanuela Di Vivona

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