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Scultore

Giovanni Prini


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Giovanni Prini

( Genova 1877 - Roma 1958 )

Scultore

    Giovanni Prini

    Quotazioni di Giovanni Prini

    Le opere simboliste di Giovanni Prini, soprattutto quelle dedicate ai bambini in bronzo partono dai 1.000 euro e i 5.000 euro. Soggetti particolarmente impegnativi potrebbero anche ottenere cifre più alte se dovessero comparire sul mercato. Le terrecotte policrome e le maioliche vanno dai 1.000 ai 2.000 euro.
    Si tratta di valutazioni indicative poiché solitamente sono influenzate da molteplici fattori come le misure, il soggetto, il periodo e la tecnica. Raccomandiamo di inviare ai nostri esperti una foto della vostra scultura di Giovanni Prini per ottenere una stima accurata e senza impegno.

    Biografia

    Giovanni Prini nasce a Genova nel 1877 e fin da subito si accosta all’arte della scultura, lavorando come apprendista presso un marmista della città. Nel 1892 si iscrive all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e quattro anni dopo esordisce alla Promotrice della città ligure con il lavoro Le tentazioni di Sant’Antonio. Nel 1898 partecipa all’Esposizione nazionale di Torino con Le spose del signore; e nello stesso anno è presente a Genova con quattro opere Pitonessa, Impressione di marinaio, Nostalgia e Romano.

    Il salotto Prini e il socialismo umanitario

    Nel 1900 si trasferisce a Roma in un palazzo su via Nomentana ospite dei Belsito, genitori della moglie Orazia. In questo luogo stabilisce il suo studio e dà vita, insieme alla compagna, ad un salotto che diverrà uno dei luoghi di ritrovo culturale più importanti di inizio Novecento, frequentato da intellettuali e artisti come Ettore Ximenes, Duilio Cambelotti, Cipriano Efisio Oppo, Giacomo Balla, Sibilla Aleramo e Giovanni Cena che lo aprono alle idee socialiste. La prima produzione dell’artista infatti, costituita soprattutto da bronzi, è in linea con le tematiche del socialismo umanitario, i soggetti sono anziani, poveri, operai e c’è un’attenzione particolare ai bambini, come dimostrano due opere esposte nel 1906 alla Promotrice di Genova Il segreto dei bimbi e L’erba morta, la falce e i bimbi.

    L’adesione al simbolismo e al decorativismo secessionista

    Al 1909 è attestata la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia con l’opera Gli amanti, versione in gesso della celebre scultura che realizzerà pochi anni dopo, in cui traspare l’adesione alla semplificazione formale della Secessione, con dei precedenti da leggersi ne Il bacio di Rodin e il dipinto omonimo di Klimt. Nel 1911 si misura con la scultura monumentale eseguendo il fregio del pronao della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma raffigurando L’artista e le battaglie artistiche.
    La sua sperimentazione in ambito secessionista lo porta ad esporre sia alla Secessione di Monaco che alle Secessioni romane: nel 1913 è presente con Mio figlio, Fontana-La lira, Lampada, Vaso – La vita e la versione ultima de Gli amanti dove ancora più evidente risulta il linearismo e il decorativismo secessionista; all’edizione successiva del 1914 espone Sonno di bambino, Ritratto del pittore Innocenti e Le gemelle Azzariti; e infine nel 1916 vi prende parte con Ritratto del violoncellista Baryansky, Simonetto, Filomena e Maschera.

    La promozione dell’arte applicata

    La componente simbolista e decorativa sfocia anche in numerose opere di arte applicata come soprammobili, lampade, suppellettili e giocatoli. Dopo la prima guerra mondiale riprende l’attività artistica, ma continua anche a cimentarsi con la produzione di ornamenti in stile liberty: nel 1917 sottoscrive il manifesto di Galileo Chini Rinnovando rinnoviamoci per la promozione delle arti decorative e ottiene la carica di direttore dello Stabilimento per la Fabbricazione Artistica del giuocattolo italiano a Roma. Nel 1923, per la sua innovativa produzione, è inviato alla prima edizione dell’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza. In questi anni sperimenta la tecnica della ceramica policroma come si può osservare nel lavoro Primavera esposto alla promotrice di Genova del 1924, con Reliquario e Vaso mistico.
    Dalla Secessione al ritorno all’ordine
    Dopo il linguaggio di chiara ascendenza secessionista, la sua poetica confluisce in un déco elegante e poi negli anni Trenta si avvicina ai dettami del ritorno all’ordine, riscoprendo il Quattrocento italiano. Nel 1930 partecipa alla Mostra del Sindacato fascista del Lazio con La mia nipotina, È primavera e Rita Caterinici, prova di questo cambiamento plastico verso una forma più solida e volta all’arte del primo Rinascimento. Alla prima Quadriennale di Roma presenta tre gessi che seguono sempre questo linguaggio Bocciolino, Georgica e La trincea; così come i lavori esposti alla Quadriennale del 1935: le terrecotte Sorriso di bimba, Sonno e Torso, e i bronzi Giovinezza, L’ammiraglio Cuturi e Ritratto di bambina.

    Negli anni successivi perde tre figli e questo evento tragico lo porta ad allontanarsi sempre di più dalle esposizioni ufficiali e si dedica maggiormente a tematiche spirituali e sacre che caratterizzano la produzione degli anni Quaranta e Cinquanta. Scompare a Roma nel 1958, ad ottantuno anni.

    Emanuela Di Vivona

     

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