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Scultore

Giulio Monteverde


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Giulio Monteverde

( Alessandria 1837 - Roma 1917 )

Scultore

    Giulio Monteverde

    Giulio Monteverde può essere considerato tra i maestri più significati – ed anche dalla carriera più fortunata – della scultura italiana del secondo Ottocento. Allievo di Giovanni Bistolfi, padre di Leonardo, si iscrisse in seguito presso l’Accademia Ligustica di Genova sotto la guida di Santo Varni, da cui derivò la formazione classicista.

    Vinto il pensionato a Roma nel 1865 aderì alla corrente verista e repentinamente giunsero le prime importanti commissioni: dalla scultura monumentale del “Mazzini” del 1874 per Buenos Aires a quella di “Vincenzo Bellini” del 1883 eseguita per Catania, senza tralasciare il gruppo de “Il Pensiero” realizzato tra 1908 e 1911 per il monumento per Vittorio Emanuele II a Roma.

    Di grande successo anche le sue sculture di minore dimensioni, replicate più volte in bronzo dalle fonderie francesi, quali “La giovinezza di Colombo” presentata all’Esposizione di Parma nel 1870, “Il Genio di Franklin” premiato alla Mostra di Milano del 1872, e “Il dottor Jenner che inocula il vaccino” inviata per la prima volta all’Esposizione internazionale di Vienna del 1873.

    Parallela l’attenzione per i temi di genere meno eloquenti, quali appunto “Primi giochi” e “Bambino che scherza con gallo” i cui gessi sono conservati presso la Galleria d’Arte Moderna di Genova, dove la perizia tecnica al limite del virtuoso di Monteverde si sposa con un’enfasi quasi barocca che rende le due sculture due vere e proprie “tranche de vie”. Inevitabile per il “Bambino che scherza con gallo” il confronto con “Bimbo con gallo” di Adriano Cecioni dove alla semplicità statica dello scultore realista toscano si sostituisce l’immediatezza in movimento del Monteverde.

    Scheda: A due anni dal trasferimento a Roma, nel 1867, mentre versava in condizione di disagio economico, Monteverde arrise improvvisamente al successo con il gruppo dei Bambini che scherzano con un gatto per il quale avevano posato come modelli i propri figli. Il re del Württemberg, in visita al suo studio, gliene commissionò la traduzione in marmo, anticipando allo scultore la cospicua somma di 8.000 lire. La medaglia d’oro ottenuta dal gruppo alla Mostra Internazionale di Monaco del 1869 segnò l’inizio della sua brillante carriera.

    Le tappe immediatamente successive furono Colombo giovinetto e il Genio di Franklin, sculture “gentili” che insistevano sul tema dell’infanzia e ottennero un immediato successo per la loro persuasività. Nel 1875, quando modellò il Bambino che scherza con un gallo (cfr. gesso nella Galleria d’Arte Moderna di Genova-Nervi; Arditi-Moro 1987, p. 13, Galleria d’Arte 2004, vol. II, p. 579), Monteverde stava elaborando il gruppo che gli dette maggiore popolarità, quell’Edoardo Jenner che inocula il vaccino del vaiolo sul proprio figlioletto che fu considerato all’unanimità “un miracolo di espressione, di evidenza, di verità. Il bimbo – notarono i contemporanei -, colto a volo nella istantaneità de’ suoi contorcimenti, serba integra, tra i segni manifesti dello sgomento, tutta la dilicata sua grazia infantile” (Bettoli 1899, p. 11).

    Il naturalismo delle sue figure infantili, del resto, era emerso sin dai tempi della prima formazione, quando Monteverde era passato dall’apprendistato nella bottega di un intagliatore in legno alla collaborazione con un ebanista di Genova, frequentando nel tempo libero la scuola del nudo diretta da Santo Varni presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti. Fu allora che “si pose rapidamente in grado di scolpire in legno putti e angioletti […] con tanta evidenza di genialità e di buon gusto, da richiamare sopra di sé la pubblica attenzione” (Ivi, p. 2).

    L’intento naturalistico è particolarmente evidente nel Bambino che scherza con un gallo, che, ripetendo il soggetto della fortunata opera di Adriano Cecioni (Bambino col gallo, 1868, Firenze, Galleria d’Arte Moderna), ne condivideva l’attenzione al quotidiano propria della scena di genere veristica, richiamando al contempo la tradizione barocca. Lo schema compositivo classico, a chiasmo, risulta forzato sotto l’urgenza espressiva di un’immediatezza percettiva inedita e il gruppo appare impostato su una contrapposizione di diagonali aperte, offrendo allo spettatore molteplici punti di vista, anzi invitandolo a girargli intorno.

    La traduzione in marmo fu commissionata a Monteverde da Teresa Berra Kramer, nota patriota milanese, già animatrice di un salotto repubblicano e affermata sostenitrice di Mazzini, dedicatasi dopo la morte del figlio (1869) ad attività d’impegno sociale (Belle Arti 1876, p. 226; Arditi-Moro 1987, pp. 56, 73). Destinazione dell’opera fu forse quella Pia Fondazione Edoardo Kramer finalizzata all’assistenza degli invalidi del lavoro e all’istituzione di asili per l’infanzia per la creazione della quale Donna Teresa impiegò tutte le sue sostanze.

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